La ninfa Carna

Il poeta Ovidio ci narra della ninfa Carna, tanto bella quanto allegra e spiritosa. Ella si prendeva gioco di chiunque la incontrasse nella selva di Alerno, presso il Tevere: prima seduceva il passante col suo enorme fascino e lo invitava a seguirla, ma poi spariva nel nulla, lasciando lo spasimante interdetto! Un giorno Carna incontrò Giano e pensò di prenderlo in giro alla sua solita maniera. Naturalmente, Giano rimase incantato, ma la ninfa non riuscì a scomparire alla sua vista, perché quella divinità aveva la straordinaria abilità di vedere ovunque, anche dietro alle sue spalle… quindi, Carna si dovette arrendere e finì per concedersi per la prima volta. Di seguito, Giano omaggiò la ninfa con un ramo di biancospino e le confessò che era adatto a scacciare ogni male, se collocato all’uscio delle case o come recinto per custodire gli armenti. Da allora Carna acquistò poteri divini e divenne subito molto attiva: si dice che ella ami vegliare sui neonati, per mantenerli in buona salute e che sia anche protettrice degli organi interni. Carna fa parte di una fitta schiera di divinità minori, detti “dei minuti”: per i latini si trattava di una sorta di esercito di piccoli angeli custodi.

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